La discussione sulle energie rinnovabili in Italia – e in tutta Europa – vive il suo momento più acceso. L’invasione dell’Ucraina e la politica di Putin stanno spingendo l’Occidente a valutare, concretamente, la possibilità di energie alternative a quelle di importazione russa. “Putin potrebbe avere dato il via alla rivoluzione energetica verde in Europa”, scrive Fortune.
Cerchiamo di fare chiarezza sulle domande più frequenti in merito alle energie rinnovabili.
Cosa sono le energie rinnovabili
Le energie rinnovabili sono tali perché derivano da fonti energetiche non soggette ad esaurimento. Esse sono naturalmente reintegrate in una scala temporale umana tramite processi fisici o chimici.
Esempi di fonti rinnovabili
Sulla base di questi due processi, è possibile classificare le fonti di energia rinnovabili in due gruppi. Al primo gruppo, associamo: la luce solare, il vento, il ciclo dell’acqua, le maree, le onde e il calore geotermico. Al secondo, la biomassa.
A che punto sono le energie rinnovabili in Italia
La produzione in Italia di energie rinnovabili è pari a 0,67 exajoule l’anno, quasi la metà rispetto alla Gran Bretagna (1,2 exJ) e un terzo rispetto alla Germania (2,21 exJ). Per avere un termine di paragone ulteriore, basti pensare che importiamo dalla Russia, per il nostro utilizzo nazionale, circa 1 exajoule in gas l’anno.
La Commissione europea, nella sua valutazione di impatto sugli obiettivi 2030, ha valutato il fabbisogno aggiuntivo di investimenti in energia pulita poco meno di 400 miliardi di euro. Cifra simile al conto delle importazioni di fossili dell’Unione europea. Conto aumentato del 70%, fra dicembre 2020 e dicembre 2021.
Le proposte alternative alle centrali a carbone
Dopo le soluzioni del Governo Draghi per fronteggiare l’aumento dei prezzi del gas, sono sempre di più coloro che spingono per soluzioni green. Fra questi, anche Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia.
Cosa frena le energie rinnovabili in Italia
Anziché ripristinare le centrali a carbone, si propongono energie rinnovabili, accumuli, pompaggi, reti, risparmio ed efficienza energetica. Gli operatori energetici si dicono in grado di installare 60 GW di rinnovabili in 3 anni. Qual è l’ostacolo?
A rallentare i tempi di installazione e sfruttamento delle energie rinnovabili in Italia sembrano esserci cause dovute soprattutto alle pratiche autorizzative.
Come denuncia Legambiente, sono 1439 le domande per l’allacciamento alla rete elettrica di impianti ad energia pulita non ancora approvate, presentate nei primi 10 mesi del 2021. Nello specifico sono 974 per il fotovoltaico e 465 per l’eolico.
A conferma dell’interesse degli italiani, nei confronti delle rinnovabili, l’aumento delle richieste. Dal 2018 ad oggi, queste hanno registrato un aumento del 297%.
I dati di Terna, gestore dell’energia elettrica nazionale, ci offrono un ulteriore spunto di riflessione. E palesano tutte le contraddizioni del nostro Paese in materia di energie rinnovabili.
Quali sono gli obiettivi della transizione ecologica
Per raggiungere gli obiettivi per la transizione ecologica, l’Italia dovrebbe installare 80 GW di rinnovabili entro il 2030. Come riporta Nonsonoloambiente, le domande per la realizzazione, sulla terraferma, di impianti eolici e solari pervenute fino ad ottobre del 2021 erano pari a 130GW. Quelle per la realizzazione dello stesso tipo di impianti in mare erano pari a 22,7 GW.
Il contesto normativo e burocratico
Terna stessa ha già dato parere favorevole a gran parte dei progetti proposti. L’ostacolo, quindi, è da attribuire alle leggi obsolete e al farraginoso apparato burocratico italiano.
La lentezza del rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di valutazione dell’impatto ambientale, la disomogeneità fra le normative regionali e i blocchi da parte delle sovrintendenze. Tutto questo si traduce in clamorosi ritardi.
La legge prevede un tempo di sei mesi per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico o fotovoltaico. Nella realtà, possono volerci addirittura 5 anni. A questi vanno aggiunti i tempi di realizzazione dell’impianto stesso. In media, due anni. Ci si potrebbe trovare a mettere in funzione, dopo sette anni, una tecnologia già obsoleta.
Serve una decisa accelerazione. E non possiamo che augurarci avvenga il prima possibile. Sia per ragioni economiche che per ragioni ambientali.